La motivazione è il sostegno del mantenimento della pratica sportiva.
Uno dei fenomeni cui assistiamo costantemente è l’abbandono precoce dell’attività sportiva nell’età adolescenziale. Occorre pertanto, per noi operatori sportivi, mettere in evidenza la problematica, individuandone le cause, e fornendo le possibili soluzioni di un efficace operare tecnico e dirigenziale, e pure del contesto in cui i giovani si muovono, a partire dalla Scuola, tale da impedire e/o comunque limitare la proliferazione di detto fenomeno che allontana i giovani dai “campi” fino a spingerli e portarli al Dropout (Emarginazione volontaria, rifiuto di schemi e convenzioni della società sportiva, autoesclusione)
L’indagine possiamo iniziarla dall’esame della “motivazione” sportiva che costituisce l’ elemento fondamentale che rimane comunque, e ad ogni livello, alla base di qualsiasi successo sportivo. Essa deve essere senza dubbio il punto di riferimento nella didattica scolastica, nelle attribuzioni della famiglia, nelle competenze tecniche e dirigenziali delle società sportive, attraverso cui l’atleta soddisfa i suoi bisogni, gli stimoli positivi, l’interesse e il divertimento, la ricerca di affiliazione verso l’allenatore ed i compagni di allenamento e da ultimo il bisogno di affermazione e di riuscita.
E’ stato osservato come emerga chiaro che “…i giovani fanno sport per un insieme di singole ragioni che fanno riferimento l’amicizia, al divertimento, al desiderio di confrontarsi, ma che la ragione principale da soddisfare è quella relativa al miglioramento della loro competenza sportiva” (Scatena P. e Vecchini 2015). Vogliono apprendere qualcosa di specifico attraverso l’azione sportiva; ad esempio, saper saltare, saper correre, saper andare a canestro ecc.
Cei A. (1988 Pisicologia dello Sport, il Mulino, anche in Progetto Culturale La sfida educativa, Laterza) 2009) osserva però come l’acquisizione di competenza deve avvenire in un contesto che prenda in considerazione e soddisfi anche le altre motivazioni come il divertimento e l’amicizia che sono ragioni che sostengono l’atleta nel suo desiderio di diventare competente.
Prima di proseguire questa analisi dobbiamo però capire di quali numeri stiamo parlando.
Per affrontare l’argomento riteniamo necessario e non trascurabile evidenziare i numeri italiani della pratica sportiva (Pubblicazione CONI 2017) e poi quelli relativi al tasso di abbandono della stessa.
Persone di 3 anni e più che dichiarano di praticare sport con continuità. Anni 2001-2016 (fonte)
Dalla presentazione dei dati ISTAT sui numeri della pratica sportiva in Italia”, illustrati nella capitale nel febbraio 2017, riportanti il periodo 2001-2016 e le analisi 2013-2016, ( Salone d’Onore del CONI – Foro Italico) emerge l’inversione di tendenza degli italiani nella pratica sportiva degli ultimi tre anni.
Dal 2013 al 2016 si rileva un nuovo approccio.
Nuove spinte, seppure lentamente, stanno prendendo piede. Aumenta il numero dei praticanti per tutte le fasce d’età, anche per genere, e quasi uniformemente in tutto il territorio nazionale.
Gli sportivi che praticano con continuità aumentano, sia tra le donne che tra gli uomini.
Raggiungono rispettivamente il 20,8% e il 29,7%, tra i 18 e i 19 anni tocca la sua distanza maggiore di 22,9 punti percentuali.
Il dato per Regione è il seguente:
Regioni |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
EMILIA ROMAGNA |
26,0 |
26,0 |
25,7 |
31,1 |
LOMBARDIA |
26,2 |
28,7 |
28,5 |
30,5 |
VENETO |
27,0 |
25,0 |
27,9 |
29,5 |
VALLE D’AOSTA |
28,3 |
30,4 |
31,5 |
28,5 |
LAZIO |
24,2 |
27,9 |
27,3 |
28,5 |
FRIULI VENEZIA GIULIA |
26,9 |
24,9 |
28,1 |
27,6 |
MARCHE |
23,7 |
24,1 |
26,5 |
27,6 |
PIEMONTE |
19,5 |
23,4 |
24,7 |
26,9 |
SARDEGNA |
22,0 |
22,9 |
24,6 |
26,1 |
TOSCANA |
24,4 |
26,4 |
25,0 |
25,9 |
LIGURIA |
21,1 |
23,8 |
24,1 |
24,9 |
UMBRIA |
21,4 |
23,7 |
23,0 |
24,6 |
ABRUZZO |
20,3 |
21,7 |
21,8 |
23,0 |
PUGLIA |
17,1 |
18,0 |
19,4 |
20,8 |
MOLISE |
18,0 |
18,9 |
19.2 |
19,3 |
BASILICATA |
17,3 |
16,5 |
18,2 |
19,0 |
CALABRIA |
14,3 |
15,5 |
17,9 |
16,5 |
SICILIA |
13,1 |
15,9 |
18,0 |
16,5 |
CAMPANIA |
12,7 |
15,9 |
18,0 |
16,5 |
ITALIA |
21,5 |
23,1 |
23,8 |
25,1 |
Dalla prima tabella si evince come nel periodo 2001-2016 la percentuale degli italiani, sopra i 3 anni d’età, che praticano attività sportiva con continuità, si colloca al 25,1%, e nel 2016 si può constatare che una persona su quattro fa sport.
Nel commento della tabella sottostante possiamo poi ulteriormente rilevare che nel periodo 2013-2016 si sono avvicinati alla pratica sportiva ben 2 milioni e 519 mila italiani. Nel 2016 sono 14.792.000 le persone che dichiarano di praticare una o più attività sportive in forma continuativa nel proprio tempo libero; quelle che praticano sport saltuariamente sono 5.693.000, corrispondenti al 9,7% della popolazione sopra i 3 anni d’età; mentre si contano 15.108.000 italiani che dichiarano di praticare solamente qualche attività fisica, pari al 25,7% della popolazione sopra i 3 anni d’età.
Complessivamente la popolazione attiva in Italia è composta da 35 milioni 593 mila persone che svolgono uno o più sport o qualche attività fisica nel proprio tempo libero.
Confronto anni 2013-2016 (Pubblicazione CONI 2017)
VALORI PERCENTUALI |
2013 |
2015 |
2016 |
In modo continuativo |
21,5 |
23,8 |
25,1 |
In modo saltuario |
9,1 |
9,5 |
9,7 |
Solo qualche attività fisica |
27,9 |
26,5 |
25,7 |
Sedentarietà |
41,2 |
39,9 |
39,2 |
VALORI ASSOLUTI |
2013 |
2015 |
2016 |
In modo continuativo |
12.603.00 |
14.013.000 |
2.190.00 |
In modo saltuario |
5.364.000 |
5.693.000 |
329.000 |
Solo qualche attività fisica |
16.341.000 |
15.607.000 |
15.108.000 |
Sedentarietà |
24.156.000 |
23.524.000 |
23.085.000 |
Questi dati dimostrano come il livello della pratica sportiva continuativa subisce un incremento apprezzabile, ma verifichiamo che ancora una sostanziosa parte della popolazione italiana, oltre il 40%, rimane in condizioni di sedentarietà. Non è trascurabile potenzialmente, per l’investimento sportivo, rilevare che nel periodo considerato il 9% della popolazione preso in esame pratica saltuariamente attività sportiva e come un altro 25% pratica qualche attività fisica. Questi dati, insieme alla popolazione sedentaria, indicano un bacino potenziale di possibili praticanti sportivi sui quali investire risorse e competenze. Naturalmente cercando anche di rimuovere il gap esistente tra Nord e Sud del territorio italiano e nel rapporto di genere.
DATO DISAGGREGATO DELLA PRATICA SPORTIVA GIOVANILE
Per la fascia di età “ 6 e i 10 anni “ si raggiunge la percentuale più alta di praticanti sportivi in forma continuativa, il 59,7% dei bambini. Nel biennio 2013-2014 la fascia d’età con la più alta percentuale era quella 11-14 anni.
Tra il 2013 e il 2016 la pratica sportiva aumenta in tutte le fasce d’età. Gli incrementi superiori ai 5 punti percentuali si rilevano nelle fasce giovanili: 18-19 anni (+7,1 punti percentuali); 15-17 anni (+6,4); 6-10 anni (+5,8); 20-24 (+5) e in quella 60-64 anni (+5).
Se osserviamo attentamente la tabella soprastante rileviamo comunque un trend in calo della pratica sportiva tra i giovanissimi. La fascia di età 11-14 a quella 15-17 e 18-19 anni fanno registrare un calo, rispettivamente dal 58,4% al 38,0%.
Da questo contesto deduciamo così che la percentuale più sostanziosa del calo la registriamo nella fascia di età 14-19 anni, adolescenziale, con una vertiginosa riduzione del 20% dei praticanti attività sportiva.
In questo quadro possiamo collocare il fenomeno dell’abbandono sportivo, detto Dropout.
IL DROPOUT
Significa: emarginazione volontaria; rifiuto di schemi e convenzioni della società, ponendosene ai margini(fonte (Dizionario HOEPLI DELLA LINGUA iTALIANA).
E’ un fenomeno negativo. I ragazzi che hanno praticato sport fino a 14 anni, uno dopo l’altro, smettono.
Dalla predetta rilevazione statistica osserviamo come ben oltre il 20% dei ragazzi abbandonano lo Sport tra i 14 e 20 anni .
Come abbiamo potuto individuare nella ricerca sulla motivazione sportiva, il motivo principale di detto abbandono è da rintracciare nell’ “insufficiente o scarso orientamento alla competenza”, definito dagli studi in materia “la difficoltà di accettare il confronto prestazionale con l’altro”(Psicologia dello Sport, rist. Carocci 2016).
Lo Sport spinto precocemente alla performance e conseguentemente alla valutazione del risultato immediato, con enfasi pure della sua spettacolarizzazione, è un fenomeno che caratterizza parte delle società sportive, spesso prive di competenze specifiche e di un sostrato di rafforzamento degli adulti e dei pari.
In questa dimensione il processo di comunicazione competente, di scambio di informazioni tra pari ed il sostegno formativo della scuola e delle stesse famiglie, puo’ assumere valore contributivo e formativo della competenza, quale pregiudiziale pure in diversi casi anche del successo individuale e di gruppo nell’ambiente sportivo.
Per cui una maggiore motivazione intrinseca può determinare il superamento di detta difficoltà. Difficoltà che vengono superate con l’acquisizione e il progresso di nuove abilità motorie favorendo lo sviluppo del piacere nel fare lo sport che, con il rinforzo positivo degli adulti ed il confronto con i pari, genera la percezione dell’ autoefficacia e autonomia (autocontrollo).
Si può affermare così che, in questo contesto, si rafforza la presa delle decisioni dirette ad un obiettivo specifico: l’educazione alla programmazione, alle regole, all’impegno e alla fatica. Possiamo inoltre sostenere che anche la “RESILIENZA SPECIFICA” gioca un suo ruolo per il mantenimento della pratica sportiva. Essa sul piano emotivo, contribuisce, infine, allo sviluppo della capacità di tollerare la frustrazione e la dilazione della soddisfazione, all’acquisizione del senso del limite e dell’accettazione della possibilità della sconfitta e dell’errore, quale momento formativo dell’esperienza, crescita e miglioramento.
Occorre allora un processo culturale più avanzato, sia scolastico che delle altre formazioni sociali, compresa la famiglia e le società sportive, nel far capire ai ragazzi che praticano l’attività sportiva che per diventare bravi in uno sport è necessario fare un investimento su sé stessi piuttosto che sprecare risorse nel confronto continuo, stressante, ossessivo, auto o etero dipendente, con l’avversario.
Se non costruiamo e viviamo lo sport come momento di crescita psico-fisica con il contestuale piacere e soddisfazione dei ragazzi che lo praticano, questi ben presto troveranno altre motivazioni per abbandonarlo. Non appena il confronto si farà impossibile, perché si incontrano maggiori abilità tecniche, spesso capacità genetiche migliori, e/o comunque perché vengono ad esaurirsi precocemente le risorse impiegate, stante l’esasperazione continua e il anche verificarsi del fenomeno dell’ “overtraining” (sovrallenamento continuo) con i suoi pregiudizievoli effetti del disagio fisiologico(peggioramento della sua prestazione e psicologico (Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport. Jack Wilmore – David L. Costill 2005) ci troveremo di fronte all’abbandono dell’attività sportiva.
Un altro fattore significativo tra le cause di abbandono della pratica sportiva è il contesto della pubertà: i giovani sono in crescita, cercano la loro autonomia.
La pubertà inizia attraverso un processo contraddistinto dalla reattività dei giovani adolescenti ai consigli della famiglia e degli adulti, Essi cercano di confrontarsi con i pari. Ecco il momento in cui i ragazzi devono essere intercettati e devono poter vivere le loro soddisfazioni e i loro piaceri. La loro identità personale è importante, ed il contesto di sostegno della pratica sportiva non può trascurare questo aspetto strutturale che necessariamente è dipendente dal processo di comunicazione e dalla trasmissione delle conoscenze e competenze. Lo sport non deve essere un ostacolo per la realizzazione personale. L’ambiente sportivo in cui il giovane si colloca deve essere capace di metterlo in gioco, con la promozione del suo contributo, della sua consapevolezza e conseguentemente delle sue capacità. Il tutto attraverso un processo formativo e acquisitivo, anche di regole del gioco e sociali (Bulgari M. 2015)
Ovviamente non c’è un unico motivo per abbandonare lo sport, in quanto ciò può essere condizionato dalla combinazione di diversi fattori.
Ad esempio, la difficoltà a conciliare scuola e sport viene evidenziata dai ragazzi come causa frequente di abbandono; del resto, il periodo di tempo in cui si comincia ad impegnare in modo sistematico ed intenso coincide in genere con gli anni della scuola superiore.
Per concludere possiamo affermare che in detto contesto complessivo è importante il ruolo che giocano oggi le società sportive, che organizzano l’attività agonistica sul territorio e che tendono ad un avviamento precoce allo sport agonistico dei giovani, con selezioni ed allenamenti intensivi che conducono i soggetti scartati a considerarsi fuori dal gioco come atleti di non particolare interesse.
Non è trascurabile sul punto richiamare l’ “Orientamento al Se’, quando esso è frutto di una anticipazione dei tempi di maturazione della prestazione medesima, o di carichi di lavoro eccessivi, e di mancato rispetto delle tappe evolutive (Procaccia R. A.A. 2013-2014, Lezioni di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione Università Ecampus- Milano).
CHE FARE?
Possiamo concludere che occorre apportare novità nel mondo dello sport giovanile, in particolare dobbiamo migliorare l’impegno della SCUOLA che, nell’ambito dell’autonomia conquistata, si faccia promotrice di una rinnovata formazione sportiva e motoria, più ricca di competenza sportiva, funzionale, sociale e culturale. La scuola potrà così valorizzare il proprio insegnamento dando maggiore dignità alle scienze motorie, nella consapevolezza di operare a favore di un processo di promozione e valorizzazione della pratica sportiva, quale ulteriore momento formativo e acquisitivo di valori educativi personali e sociali, consolidando così il mantenimento della pratica sportiva da parte dei giovani.
Il contesto sociale e ordinamentale, anche sportivo, comprese le società sportive, infine, dovrà essere
capace di rispondere a questa esigenza, con le adeguate competenze, e con la necessaria capacità tecnico- operativa di trasmetterle, tenendo conto delle vere cause che determinano
l’abbandono dello Sport.